Memorie



Ricordiamo Mario Bondioli Osio

di Bernardino Osio

 

Caro Mario,
tante volte abbiamo visitato assieme questa illustre Abbazia e mai avrei immaginato di dover un giorno venirci per pregare pace e riposo, nelle braccia di Dio, per la tua anima generosa e nobile. E mai avrei immaginato di dover essere io il prescelto per esprimerti il nostro dolore e dirti il vuoto che lasci nelle nostre vite.
Ringrazio l’amico Wilson Saba per avermi scelto fra i tanti amici di Mario: è questo un privilegio dovuto certamente alla mia canizie e al fatto di essere un fedele testimone della lunga, esemplare vita del nostro Mario.
Ci conoscevamo sin da ragazzi, lui boy scout a Colico e venuto assieme a sua madre Nicoletta a salutare i miei genitori che ospitavano, nei loro boschi, da anni il campo scuola degli Scout cattolici. Poi venne l’università a Milano, nella stessa facoltà di Giurisprudenza, poi i corsi all’Ispi di preparazione agli esami per il concorso diplomatico. Di due anni più vecchio, entrai in carriera nel 1960 e Mario mi seguì nel 1962. Furono anni pieni di entusiasmo per il nuovo lavoro, per l’interessante vita politica e sociale condotta a Roma ove Mario raccolse, subito, tante simpatie e tanti amici: il suo carattere sereno, ottimista, allegro, sempre disponibile a nuove iniziative culturali e sociali gli avevano aperto tante porte a Roma ove venne sempre accolto, con affetto, in tutti gli ambienti sociali. Furono anni che non esito a definire per noi incantevoli, in una Roma ancora molto civile e ordinata, piena di ottimismo e di voglia di fare. Poi io partii per la Svizzera, quale vice console d’Italia a Basilea, sede problematica, piena di difficoltà ma che, grazie all’impegno di un ottimo Capo, vennero rapidamente superate: da Consolato disastrato divenne un Consolato modello. E Mario, in quel tempo in congedo provvisorio dal servizio militare per essersi ammalato con un’epatite virale assai forte, venne più volte a Basilea a trovarmi: andavamo assieme alle feste dei nostri emigrati e Mario aiutava e rallegrava tutti con la sua presenza, al punto che, un anno dopo, prese la mia successione come Primo vice Console. A Basilea Mario coltivò molte amicizie, anche nel mondo svizzero e in quello colto: ricordo quella col professor Cadorin, direttore di quell’importante museo e quella con il noto pittore Music.
Ma non solo: Mario potenziò e sviluppò un’esposizione annuale di pittori dilettanti italiani ed emigrati per ragioni di lavoro in Svizzera: molti si rivelarono dilettanti di valore, e Mario mantenne rapporti amichevoli con molti di loro, anche qui in Sabina. Ricordo che, nella sua casa a Bocchignano, sono conservati ancora una decina di quadri dipinti proprio a Basilea dai nostri operai emigrati.
Poi Mario partì per New York e per tante altre sedi diplomatiche, sparse nel mondo. Fra le quali l’ambasciata d’Italia a Bonn ove Mario fu molto apprezzato da quel grande capo missione l’ambasciatore Mario Luciolli, che sempre ebbe per Mario grande apprezzamento per le sue doti diplomatiche e per la sua capacità di raccogliere stima e amicizie in tutti gli ambienti, anche nei più chiusi e ostili agli italiani.
Poi venne per Mario la fase che lo portò a specializzarsi sui paesi arabi del Medio Oriente: fu dura la sua missione a Tripoli negli anni difficili della dittatura di Gheddafi, migliori gli anni passati a Teheran, nello Yemen, a Doha e a Gibuti: sedi interessanti ma certamente poco creative e umanamente difficili.
Ma queste sedi medio orientali erano sempre alternate con periodi al Ministero degli Esteri ove Mario si distinse per il suo carattere adamantino e alieno da compromessi con un mondo politico non sempre cristallino. Il che gli valse critiche ingiuste che lo lasciarono imperterrito e tenace nel difendere le sue posizioni.
Furono quelli anche gli anni in cui Mario, rimasto orfano di Madre, decise di levare le tende dalla sua Milano e di trasferirsi in Sabina a Bocchignano ove ben presto divenne il piccolo re di quel bellissimo borgo cui diede vita e lezioni di come si deve conservare il magnifico retaggio artistico e architettonico della regione.  Mario promosse vari restauri e regalò un bellissimo quadro alla chiesa parrocchiale di Bocchignano.
Anche se ormai consustanziato nella Sabina, Mario non dimenticò mai le sue profonde radici milanesi e la storia della sua famiglia. Proprio in quegli anni Mario pubblicò l’importante carteggio intercorso fra suo nonno il generale Egidio Osio e la Regina Margherita della quale godeva l’assoluta fiducia. Così pure tutti ricordiamo Mario quando recitava, a memoria, le poesie in dialetto milanese del nostro amato poeta Carlo Porta.
Ma la vita diplomatica di Mario non si concluse con le sue missioni in Medio Oriente. Rientrato a Roma nel 1995, toccò a Mario il delicato incarico di Presidente della Commissione Interministeriale per il recupero delle Opere d'Arte alfine di mettere in pratica la nuova politica voluta dal Ministro Rutelli per rivendicare i nostri beni culturali finiti all’estero in musei o in collezioni private, a causa di eventi bellici o per rapacità dei mercanti d’arte. E qui Mario diede ottima prova delle sue capacità di diplomatico, della sua padronanza delle lingue, della sua facilità nei contatti umani che ispiravano subito simpatia e confidenza, della sua abilità negoziale. Fu così che Mario riuscì a riportare in Italia, senza echi nelle gazzette, con un lavoro tenace e silenzioso, dei pezzi magnifici del nostro immenso patrimonio storico e artistico. Vi racconto in proposito, un piccolo episodio. Domenica 21 giugno scorso visitavo la Pinacoteca di Palazzo Barberini quando ammirai, una volta di più un magnifico quadro dello Zucchi rappresentante Susanna e i vecchioni, già dell’Ambasciata d’Italia a Berlino, rubato durante l’assedio del 1945 e ospitato poi in un museo della Virginia. Mi commosse il ricordo di quella brillante operazione e non resistetti di chiamare al telefono Mario, già gravemente infermo, per felicitarmi ancora una volta con lui. Strepitava la guardiana, malgrado le avessi spiegato che volevo salutare l’autore, quasi morente, del salvataggio di quel quadro. E la lasciai strepitare.
Arrivò nel 2003, anche per Mario l’età della pensione, ma la Farnesina non esitò a inviare Mario, forte di quanto aveva già sperimentato, a Bagdad per organizzare il riordino e la difesa di quel preziosissimo Museo Archeologico che raccoglie le testimonianze più antiche della nostra civiltà indo-europea. Anche lì Mario si trovò nella bufera della guerra stolidamente scatenata dagli americani, e dovette lottare non poco, fra attentati, autobombe ed esplosioni che esposero la sua vita e quella dei suoi collaboratori, più volte, a gravi pericoli. Mario, anche in Iraq, riuscì a salvare gran parte dei tesori dei quel museo e il Ministero degli Esteri lo premiò con il titolo di Ambasciatore d’Italia.
E finalmente a riposo, Mario poté tornare definitivamente all’amato Bocchignano, aprendo la sua casa sempre tanto ospitale, ad amici italiani e stranieri, sempre ricevuti con calore e interesse. Non erano le sue relazioni sterili, mondane o frivole, ma relazioni basate su l’analisi di eventi del passato, su problemi attuali importanti e sul gusto dei rapporti umani, improntati ad autentica amicizia e stima reciproca.

Caro Mario,
non sarà facile per noi tuoi amici tornare in Sabina senza di te, senza la certezza di trovare nella tua casa tanto calore umano, tanta cultura, tanta pace: tutte qualità che solo un’anima, nobile e generosa come la tua, poteva offrirci.

 

 

Abbazia di Farfa, 9 luglio 2020