Memorie
L’attuale crisi nei rapporti fra noi e la Francia mi ha fatto tornare alla memoria un episodio che ho vissuto nel 1996 e mi ha indotto a pubblicare senza alcuna correzione le annotazioni che presi in merito a Riga, dove nel frattempo ero stato inviato come Ambasciatore, nel novembre 1996 . Si potranno fare utili paragoni fra la situazione di allora e quella di oggi.
1996. Uno dei tanti screzi tra Italia e Francia
di Alessandro Pietromarchi
Per giovedì 3 e venerdì 4 ottobre 1996 a Napoli era fissato da tempo il Vertice italo-francese che, in principio, doveva aver luogo ogni anno. Quello del 24-25 novembre 1995,sempre a Napoli, era stato annullato in malo modo e con fragore dal Presidente Chirac per protestare contro il voto italiano alle Nazioni Unite di condanna degli esperimenti nucleari francesi nel Pacifico.
L’antivigilia del Vertice, martedì 1ottobre Chirac rilascia nel corso di una visita in provincia (nel Pas-de-Calais) dichiarazioni sgradevoli sull’incompatibilità della svalutazione competitiva della lira italiana con il mercato unico europeo e sui forti danni sofferti in particolare dal settore tessile francese a causa della svalutazione della lira.
Le ennesime dichiarazioni polemiche di Chirac sulla lira svalutata fanno rumore a Roma come a Parigi. In assenza dell’Ambasciatore Vento, a Roma per preparare il Vertice e d’intesa con lui tramite Giò Moscato (numero 2 dell’Ambasciata ) mi metto in contatto nel primo pomeriggio con l’amico e collega Pierre Menat, Consigliere per gli Affari Europei di Chirac. Mi pare sinceramente sorpreso e dispiaciuto per l’accaduto; gli espongo il nostro malessere per il ripetersi di questi attacchi all’antivigilia del Vertice di Napoli e pronostico titoli roboanti sulla stampa italiana e francese dell’indomani 2 ottobre.
Non gli nascondo che, pur consapevoli del contesto locale nel quale Chirac si è espresso, il suo atteggiamento ci pare non amichevole ed ingiustificato alla luce del surplus che, secondo le statistiche francesi, la Francia ha registrato nel 1995, per la prima volta dopo una dozzina d’anni, nel suo interscambio con l’Italia. Gli suggerisco di far dire dal portavoce dell’Eliseo Catherine Colonna parole di chiarimento e pacificazione ai giornalisti soprattutto italiani che tempestano l’Eliseo e la nostra Ambasciata a caccia di commenti.
Dopo un contatto del collega Gianludovico de Martino, che si occupa della stampa, con l’ufficio del portavoce dell’Eliseo, quest’ultimo dichiara ai giornalisti che Chirac si era espresso informalmente con un gruppo di imprenditori tessili di Arras e che, comunque, si riferiva al passato. Alla luce di ciò, verso le 17,30, suggeriamo a Roma di considerare superato l’incidente.
La mattina dell’indomani, 2 ottobre, nel corso della stessa visita in provincia, Chirac rilascia nuove dichiarazioni dal sapore anti-italiano: dichiara, in specie, che la lira è troppo sottovalutata e che l’Italia non riuscirà a far parte del primo gruppo di Paesi che adotteranno la moneta unica il 1 gennaio 1999. Clamore delle agenzie di stampa, furore al Quirinale ed a Palazzo Chigi, forte irritazione in molti esponenti politici francesi, dure prese di posizione di vari uomini politici italiani. Roma esige una immediata smentita di Chirac, in mancanza della quale cancellerà il Vertice di Napoli.
A questo punto (tarda mattinata-primissimo pomeriggio del 2 ottobre) la mia convinzione personale è che Chirac non potrà o vorrà smentirsi e che quindi il Vertice verrà annullato, rendendo vana tutta l’azione svolta dall’Ambasciata sotto la guida di Sergio Vento per ricucire i rapporti politici fra i due Paesi.
E’ dunque con piacere ma anche con sorpresa che registro, poco dopo, una rettifica di Chirac che assicura di auspicare vivamente che l’Italia partecipi fin dall’inizio alla moneta unica.
In questo senso si esprime l’Ambasciatore di Francia a Roma Merimée convocato verso le 15 da Prodi a Palazzo Chigi.
Poco prima, verso le 14,45 del 2 ottobre, avevo fatto un passo presso Jean de Courcel, Vice Capo di Gabinetto del Primo Ministro Alain Juppé e responsabile a Matignon di tutte le questioni finanziarie, economiche e commerciali, suggerendogli un intervento sull’Eliseo per evitare che da parte nostra si cancellasse il Vertice di Napoli. Alle 17 circa mi telefona Jean Cadet, Consigliere per gli Affari Europei di Juppé e Segretario Generale del Comitato interministeriale per la cooperazione economica europea, per rallegrarsi dell’avvenuto chiarimento.
Apprendo poi che vari personaggi politici francesi fra i quali lo stesso Philippe Seguin-Presidente dell’Assemblea Nazionale-che aveva telefonato a Sergio Vento a Roma, sono intervenuti con vigore su Chirac per convincerlo a cambiare rotta.
Nelle settimane seguenti mi è stato confidato da amici in posti chiave nell’Amministrazione francese che l’argomento Italia è diventato estremamente sensibile e delicato per Chirac che deve fare bene attenzione a non commettere nuovi errori sull’Italia. Mi è stato detto che gli episodi del 2 e 3 ottobre hanno fortemente irritato larga parte della maggioranza parlamentare ed hanno fatto perdere credibilità al Presidente della Repubblica.
Da quanto accaduto nei rapporti italo-francesi il 1-2 ottobre ricavo la conferma delle mie vecchie analisi:
-i rapporti con l’Italia non possono non risentire di alcune componenti che caratterizzano il movimento neo-gollista e, in primis, lo stesso Chirac: orgoglio nazionale (grandeur),senso di superiorità o almeno atteggiamento di sufficienza verso l’Italia, ammirazione per il nostro patrimonio culturale ma sfiducia nel nostro assetto politico-istituzionale, simpatia per il modo di vivere italiano ma profonda irritazione per l’aggressività della nostra economia;
-per noi sarebbe stata preferibile la vittoria di Edouard Balladur o, subordinatamente, di Lionel Jospin alle elezioni presidenziali del marzo 1995;
-Chirac non è, almeno per ora, un uomo di Stato: è rimasto un uomo politico ‘’di terreno’’, come dicono in Francia, animale politico dotato di grande fiuto per le aspettative dell’elettorato, alla mano e simpatico con la gente. Sono queste doti preziose per le campagne elettorali ma non certo per presiedere ai destini di un grande Paese e guidarne la politica estera.
Ricordo infine la definizione che di Chirac dette un suo vecchio amico: Jacques è come quel brillante, valoroso Ufficiale di cavalleria che riceve un ordine: parte di gran carriera per eseguirlo ma, dopo un po’, torna al Comando perché ha dimenticato sia l’ordine che il cavallo.
Roma,11 febbraio 2019